TRIBUNALE DI PERUGIA 
                           Sezione Penale 
 
    Il Tribunale di Perugia, in composizione Monocratica, in  persona
del  dott.  Valerio  d'Andria,  nel  proc.  n.  5020/15  R.G.P.M.  ha
pronunziato la seguente ordinanza di non manifesta infondatezza della
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  73,  comma  1,
D.P.R. n. 309/90, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost. 
Premessa. 
    In data 27 luglio 2015, I.K., C.K. e W.K. venivano presentati  in
stato di arresto dinanzi al presente giudice ai sensi  dell'art.  558
c.p.p. per essere giudicati con il rito direttissimo per il reato  di
cui all'art. 73, D.P.R. n. 309/90 "per avere, senza  l'autorizzazione
di cui all'art. 17 dello stesso D.P.R., detenuto a fini  di  spaccio,
all'interno del veicolo targato di  proprieta'  e  condotto  da  I.K.
sostanza stupefacente del tipo cocaina custodita in un  involucro  di
cellophane trasparente termosaldato del peso lordo di grammi 30, 81 e
del quale  tentavano  di  disfarsi  gettandolo  lato  passeggeri  del
veicolo citato, mentre erano inseguiti da una pattuglia della Polizia
di Stato. In  Bastia  Umbra  il  26.7.2015.  Con  recidiva  specifica
reiterata infraquinquennale per I.K. e C.K. 
    All'esito della convalida dell'arresto e dell'applicazione  della
custodia cautelare in  carcere,  i  difensori  chiedevano  termine  a
difesa e il giudice provvedendo in conformita'  rinviava  all'udienza
del 31 luglio 2015. 
    In quella sede le parti chiedevano di  definire  il  procedimento
con il rito abbreviato e di conseguenza, ammessi al  rito  prescelto,
il giudice invitava le parti alla discussione. 
    All'esito della camera di consiglio, il  giudice,  ritenutane  la
rilevanza e la non manifesta  infondatezza  ai  sensi  dell'art.  23,
legge 11 maggio 1953, n.  87,  sollevava  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 73, primo comma,  D.P.R.  n.  309/90,  cosi'
come  risultante  a  seguito  della  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 4-bis, d.l. n. 272/2005. 
Rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Gli atti di indagine legittimamente utilizzabili per la decisione
in ragione del rito prescelto comprovano  la  penale  responsabilita'
degli imputati in ordine al  reato  di  cui  all'art.  73  D.P.R.  n.
309/90. 
    Come gia' rilevato  in  sede  di  ordinanza  di  convalida  e  di
applicazione della custodia cautelare  in  carcere,  dal  verbale  di
arresto e dalla relazione degli operanti  e'  emerso  che  Agenti  ed
Ufficiali di P.G. in servizio presso la Polizia Stradale, in data  26
luglio 2015 verso le ore 21,30 notarono uno strano  comportamento  da
parte degli occupanti di  una  ...  targata  ...  e,  sospettando  la
presenza di sostanza stupefacente a bordo, invitarono il  veicolo  ad
accostare al fine di procedere al controllo. 
    La Lancia Y si  sottrasse  tuttavia  all'invito  degli  agenti  e
raggiunse lo svincolo per la SS 75 all'altezza di Ponte San  Giovanni
ponendo in essere manovre pericolose con  frenate  brusche,  dopo  le
quali riprendeva la marcia; dopo alcuni chilometri (la  distanza  tra
lo svincolo di Ponte San Giovanni e quello di Bastia Umbra) e con una
manovra repentina della volante,  gli  agenti  di  PG  riuscirono  ad
arrestare il mezzo. In questi frangenti, uno dei passeggeri del mezzo
buttava, dal finestrino, un involucro  termosaldato  all'interno  del
quale  e'  stato   rinvenuto   un   quantitativo   significativo   di
stupefacente del tipo cocaina. 
    Dai successivi accertamenti, emergeva che uno dei tre  arrestati,
W.H. era in possesso di un biglietto ferroviario relativo alla tratta
Firenze-Perugia con timbratura a  Milano  di  quel  giorno  alle  ore
15,38. 
    Inoltre, la polizia giudiziaria si recava presso l'abitazione  di
C.K. dove riscontrava la presenza di ulteriore sostanza  stupefacente
del  tipo  cocaina.  In  particolare,  nascosto  nella  cassetta  del
contatore   dell'acqua,   posto   immediatamente    al    di    fuori
dell'abitazione, veniva rinvenuto un  involucro  contenente  circa  5
grammi  e  un  altro  involucro  contenente  circa  un  grammo.  Tale
contatore era di esclusiva pertinenza dell'abitazione del C. Inoltre,
all'interno di un altro vano del  contatore  dell'energia  elettrica,
veniva trovato un bilancino  di  precisione.  In  questo  vano  erano
presenti sia il contatore del C. che quello di un altro abitante  del
palazzo. 
    All'interno dell'abitazione, poi, veniva trovata, in un comodino,
una somma in contante di 1.000,00 euro. 
    Gli operanti non potevano, invece, procedere  alla  perquisizione
domiciliare relativa all'abitazione del  I.  il  quale  conduceva  la
polizia in via Lazio n. 14 dove formalmente risultava risiedere,  ma,
dove, in realta', da informazioni assunte sul posto, non vi  dimorava
piu'. 
    Gli imputati, in  sede  di  convalida,  hanno  dato  una  diversa
ricostruzione dei fatti. 
    Come gia' osservato, pero', in sede di  ordinanza  di  convalida,
tali dichiarazioni, lungi dall'indebolire il quadro  accusatorio,  in
realta', per  la  loro  fragilita'  e  inverosimiglianza,  confermano
ulteriormente il quadro. 
    Il C. e l'I. hanno sostenuto di essersi  recati  a  Perugia  alla
stazione a prendere il W. in  quanto  un  loro  conoscente,  tale  R.
incontrato ad un bar a Foligno, chiese loro la cortesia  di  dare  un
passaggio ad un di lui amico che sarebbe arrivato a Perugia.  I  due,
dunque, quando fu rinvenuta la sostanza da parte degli  operanti,  se
ne sorpresero in quanto erano assolutamente all'oscuro  di  cio'  che
trasportava il W. Inoltre, il C. ha sostenuto di ignorare la presenza
di ulteriore sostanza stupefacente rinvenuta all'interno del vano dei
contatori, giustificandosi con il fatto che le cassette  erano  poste
al di fuori dell'abitazione e chiunque poteva introdurvisi. 
    Quanto al W. costui ha sostenuto,  invece,  di  essere  venuto  a
Perugia per trovare un lavoro e di aver incontrato  alla  stazione  i
due ragazzi albanesi, da lui mai visti  prima,  che  gli  dissero  di
essere giunti li su richiesta del suo amico che lo avrebbe ospitato. 
    L'inverosimiglianza di tutte le versioni deriva, in primo  luogo,
dalla circostanza  che  due  persone  si  rechino  spontaneamente  da
Foligno a Perugia (circa 40  chilometri  di  viaggio)  per  andare  a
prendere uno sconosciuto e al solo fine di  fare  un  favore  ad  una
persona frequentata occasionalmente  e  di  cui  non  si  conosce  la
precisa identita'; e' inverosimile, poi, come  vorrebbe  la  versione
del W. che una persona porti con  se'  30  grammi  di  cocaina  e  si
preoccupi di andare a prendere uno sconosciuto alla stazione. 
    Quanto, poi, alle dichiarazioni di C.,  si  osserva  che  e'  del
tutto inverosimile, infine, che  la  cocaina  trovata  nel  vano  dei
contatori (di esclusiva pertinenza del C.) possa essere  stata  messa
li' a sua insaputa  (prescindendo  dalla  singolarissima  coincidenza
secondo cui non solo il C. si sarebbe trovato in una vettura in  cui,
a sua insaputa,  un'altra  persona  deteneva  cocaina,  ma,  inoltre,
(sempre una persona a sua insaputa), avrebbe utilizzato il  vano  dei
contatori di sua esclusiva pertinenza  per  custodirvi  sempre  della
cocaina. 
    All'udienza del 31 luglio 2015, gli imputati hanno reso spontanee
dichiarazioni correggendo parzialmente la prima  versione  dei  fatti
offerta in sede di convalida. 
    In   particolare,   I.   ha   riconosciuto   di   aver   detenuto
consapevolmente  la  cocaina,  ma  ha  precisato  di   averlo   fatto
all'insaputa degli altri due e precisamente, di averla  acquistata  a
Perugia, prima delviaggio di ritorno. 
    Poi, il W. e il C. hanno protestato nuovamente la loro innocenza. 
    Si deve ribadire, pero', che la versione fornita dall'I. se aiuta
comprendere  il  comportamento  tenuto   da   questi   (che   guidava
l'autovettura) al sopraggiungere degli operanti (vi fu,  infatti,  un
inseguimento di alcuni chilometri),  continua  a  non  convincere  in
ordine alla ipotizzata estraneita' degli altri due imputati, restando
insuperabili considerazioni in ordine alla mancanza di ogni logica  e
verosimiglianza nel prospettato viaggio da Foligno a Perugia, che  si
spiega, invece agevolmente proprio con la necessita'  di  trasportare
lo stupefacente detenuto dal W. 
    Rimane, poi, del tutto vaga la ricostruzione  dei  fatti  offerta
dall'imputato che - all'insaputa degli altri imputati - e, nonostante
il viaggio a Perugia fosse  stato  programmato  poco  prima,  sarebbe
riuscito a rifornirsi in pochi attimi di 30 grammi di cocaina. 
    Venendo alla qualificazione giuridica, si osserva che la sostanza
sequestrata era pari a circa 13,5 grammi di principio attivo, da  cui
possono ricavarsi circa 90 dosi medie singole, determinate secondo  i
parametri orientativi indicati nel d.m. 11 aprile 2006 (a cui, a mero
scopo orientativo, si continua a  fare  riferimento,  anche  dopo  la
pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis  del  d.l.
n. 272 del 2005). 
    Il quantitativo, dunque, denota un'attivita' di spaccio rilevante
anche in considerazione del ricavo che poteva generare. 
    Va,  poi,  valorizzata  la  circostanza  che  i  fatti  accertati
dimostrano l'esistenza di contatti con fornitori di altre regioni (il
W. e' residente in Piemonte e proveniva da Milano) a cui gli imputati
I. e C. si riferivano direttamente per l'approvvigionamento. 
    Ad  avviso  della  condivisibile  giurisprudenza  consolidata  di
legittimita',  in  tema  di  sostanze  stupefacenti,  ai   fini   del
riconoscimento del fatto di lieve entita'  (art.  73,  comma  quinto,
D.P.R. 309/90), il giudice e' tenuto a valutare  tutti  gli  elementi
indicati  dalla  norma,  sia  quelli  concernenti  l'azione   (mezzi,
modalita' e circostanze  della  stessa),  sia  quelli  che  attengono
all'oggetto materiale del reato (quantita' e qualita' delle  sostanze
stupefacenti   oggetto   della    condotta    criminosa),    dovendo,
conseguentemente, escludere la tenuita' del fatto  quando  anche  uno
solo di questi elementi porti ad escludere che la  lesione  del  bene
giuridico protetto sia di "lieve entita'" (cfr. ex multis Cass. Pen.,
Sez. IV, Sentenza n. 38879 del 29/09/2005 ud. - dep. 21/10/2005). 
    Tenuto conto di questi parametri, si deve constatare che nel caso
di specie il fatto denuncia una significativa  offensivita'  sia  per
quanto concerne l'azione (condotte di trasporto e detenzione poste in
essere sfruttando contatti  con  fornitori  fuori  regione)  che  per
quanto concerne l'oggetto materiale del reato (circa  90  dosi  medie
singole di cocaina). 
    Peraltro, si ritiene di dover individuare  la  pena  collocandosi
nella parte inferiore del range di pena di cui  al  primo  comma,  in
quanto, se e' vero, che il fatto non presenta quei caratteri indicati
dalla giurisprudenza per essere  ricondotto  nell'ambito  del  quinto
comma,  peraltro,  non  assume,  neanche  contorni   di   particolare
offensivita'. 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    Posto, dunque, che  occorre  fare  applicazione  del  trattamento
sanzionatorio fissato all'art. 73, comma  1,  D.P.R.  n.  309/90,  si
osserva   che,   all'esito   della   pronuncia   di    illegittimita'
costituzionale dell'art. 4-bis d.l. 272/2005 e  all'esito,  altresi',
delle modifiche che hanno interessato l'art. 73, quinto comma, D.P.R.
n. 309/90 (art. 1, comma 24-ter, letttera b) d.l. 20 marzo  2014,  n.
36, convertito nella legge 16 maggio 2014, n. 79) risulta  un  quadro
sanzionatorio relativo alle  condotte  di  detenzione  e  spaccio  di
droghe pesanti, fortemente irragionevole. 
    E, infatti, il primo comma dell'art.  73,  D.P.R.  n.  309/90,  a
seguito della pronuncia di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
4-bis del d.l. 272 del 2005, punisce la condotta di detenzione a fini
di spaccio concernente la sostanza stupefacente del tipo cocaina, con
la pena minima di anni otto di reclusione ed euro 25,822,00 di multa. 
    A fronte di questo limite edittale minimo,  il  reato  avente  ad
oggetto sempre la  medesima  sostanza  stupefacente,  ma  concernente
fatti di lieve entita', e'  punito  con  una  pena  massima  di  anni
quattro di reclusione ed euro 10.329,00 di multa. 
    Il giudice rileva, dunque, che il discrimine tra fatti  di  lieve
entita' e fatti non di lieve entita' comporta una differenza punitiva
estremamente rilevante: in sostanza, il fatto di  lieve  entita'  che
merita la pena piu' alta sara' punito con quattro anni di  reclusione
ed euro 10.329,00 di multa,  mentre  il  fatto  di  minore  disvalore
nell'ambito di quelli puniti dall'art. 73, comma 1, D.P.R. n  309/90,
sara' punito con 8 anni di reclusione ed euro 25.822,00 di multa. 
    A questa differenza cosi marcata di pena tra l'ipotesi piu' lieve
del primo comma e quella piu' grave del quinto comma, non corrisponde
se non una differenza di disvalore di grado minimo,  in  quanto,  per
necessita' logica, il passaggio dal  disvalore  del  fatto  di  lieve
entita' a  quello  del  fatto  non  di  lieve  entita'  non  presenta
soluzioni di continuita'. 
    Appare, dunque, non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  73,  primo  comma,  D.P.R.  n.
309/90, innanzitutto, in relazione all'art. 3 Cost.  nella  parte  in
cui determina un trattamento sanzionatorio minimo  estremamente  piu'
elevato (quattro anni di reclusione in piu') rispetto  alla  sanzione
prevista per i fatti di maggior disvalore tra quelli di cui al quinto
comma della medesima norma. 
    Oltre al manifesto profilo di irragionevolezza,  va  considerato,
poi, che il range di pena determinato dalle due  diverse  fattispecie
incriminatici di cui al primo e al quinto comma dell'art. 73,  D.P.R.
n.  309/90,  non  consente   l'individuazione   di   un   trattamento
sanzionatorio   conforme   al   principio   di   personalita'   della
responsabilita' penale, secondo cui la pena deve  essere  determinata
proporzionalmente alla gravita' del fatto di reato. 
    Sussiste, dunque, anche il sospetto di incostituzionalita' per la
violazione dell'art. 27 Cost.